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Asolo 2018: ricerche, ricordi e riflessioni

Asolo 2018: ricerche, ricordi e riflessioni
a cura di S. Gioia*

Quali relazioni ci sono tra le nuove scoperte delle neuroscienze e la tecnica psicoanalitica odierna? Che cos’è la mente e che rapporto ha con il corpo, la società e la cultura, la fisica quantistica?


Da simili domande iniziano le prime riflessioni del Convegno di Asolo 2018, intitolato “Trauma, Attaccamento e Memoria: dalle neuroscienze all’immaginario. La visione ecobiopsicologica della mente”. (Diego Frigoli)
Le nuove scoperte in ambito delle neuroscienze hanno potuto convalidare scientificamente molte delle conoscenze intuite e supportate dalle teorie degli approcci psicoanalitici. Gli studi di Cristina Alberini hanno dimostrato come la memoria a lungo termine utilizzi meccanismi biologici di “programmazione” e “riprogrammazione” continui e spiegano come avviene l’archiviazione a lungo termine dei ricordi: subito dopo l’acquisizione delle informazioni vi è una fase di consolidamento che conduce dalla labilità del ricordo alla stabilità, facendo questa operazione parte dell’informazione viene scartata e vengono selezionate delle componenti significative; nel corso del tempo esistono diverse “finestre di consolidamento” in occasione di eventuali rievocazioni della traccia mnestica, ad ogni rievocazione il ricordo tende a consolidarsi ancora più stabilmente. Ciò risulta particolarmente importante per quanto riguarda l’esperienza di eventi traumatici anche molto precoci: durante la vita intrauterina si vanno a creare le mappe neuronali del bambino, eventi traumatici portano ad una modifica nella creazione delle connessioni neuronali (mappe) producendo delle scariche asincrone e, dunque, creando dissociazioni tra gruppi di neuroni; la scoperta del meccanismo di riconsolidamento della memoria rende possibile la creazione di un tempo di “labitlità” in cui diventa possibile ristrutturare e riparare i circuiti neuronali disconnessi (MOI dissociati) introducento delle “interferenze” di valore emotivo (poichè ciò che è più facilmente modificabile non è il ricordo cognitivo ma proprio l’esperienza emotiva). A livello biologico e genetico ciò è spiegato dalla catena che dal DNA arriva, attraverso l’RNA e i fattori citoplasmatici, alla sintesi delle proteine. Dal momento in cui sappiamo che l’essere umano condivide il 90% dei geni con l’Acropora millepora (corallo) e il 95% con lo scimpanzè, le proteine acquistano un elevato valore umanizzante e soggettivizzante. (Questa forte differenziazione intraspecie è forse una delle caratteristiche che contraddistinguono l’essere umano dal mondo animale liberandolo dalla forza istintuale e da meccanismi deterministici)?. Le proteine, dunque, così come ben spiega Diego Frigoli risultano essere, analogicamente, “le parole della cellula”, ovvero il massimo grado di soggettività e intercomunicabilità presente nell’uomo: le proteine sono responsabili della varianza epigenetica proprio come le parole sono la massima espressione della personalità di un individuo (risultando meno interpretabili delle immagini o delle azioni). Il terapeuta, dunque, non può sottrarsi dal tener presente e utilizzare concretamente nella pratica clinica queste informazioni, non basta compiacersi di aver finalmente ottenuto una prova empirica delle teorie psicoanalitiche ma, in un’ottica ermeneutica, è necessario capire come queste stesse prove possono migliorare la tecnica psicoterapica. A questo punto è utile citare gli studi di Vittorio Gallese sui neuroni-specchio e di Antonio Damasio sulla funzione omeostatica delle emozioni. Molto sinteticamente, questi due autori ricordano la natura archetipica della mente come rete di connessioni poichè l’adattamento alla vita deriva da processi di apprendimento altamente relazionali (relazione madre-bambino) presenti fin dalla vita intrauterina e principalmente mediati da emozioni e sentimenti. L’empatia ha un ruolo primario poichè, in quanto  processo cerebrale che coinvolge differenti aree, compresa quella motoria, permette l’apprendimento attraverso la sintonizzazione con la madre di tutte le emozioni che, a loro volta, si strutturano in sentimenti; i sentimenti, base della soggettività, funzionano da regolazione omeostatica ambientale e sono coloro che hanno permesso, evolvendosi in strutture via via più complesse, la creazione delle forme culturali, della socialità e della cooperazione.   
Dal momento in cui qualsiasi adattamento/apprendimento poggia le basi nella creazione e ri-creazione interattiva di strutture neuronali-emozionali rimane da chiedersi come sia possibile arrivare a modificare tali circuiti pur riconoscendone la natura inconscia (quindi non direttamente intelleggibile). La risposta data dall’approccio ecobiopsicologico, tenendo conto dello schema infrarosso-ultravioletto, riguarda il potere del simbolo e dell’immaginazione. Se l’emozione è il fattore fondamentale (arcaico) dell’adattamento umano all’ambiente (benessere psicofisico) e l’emozione è sempre inconscia (il sentimento è la parte cosciente) allora l’immaginazione simbolica è lo strumento che permette l’accesso privilegiato a tale memoria implicita pur mantenendo l’aggancio con una parte cosciente (l’immagine) e, dunque, la possibilità, passando dall’immagine alla parola, del lavoro terapeutico. Un’immagine può stabilirsi su diversi livelli. Esiste un’immagine percepita, ovvero l’immagine legata alla sensazione e ai processi percettivi e di confronto con la memoria; vi è poi un’immagine immaginata che è, come definisce G. Bachelard, “sublimazione degli archetipi piuttosto che una riproduzione della realtà” ed infine un’immagine creata, prodotto diretto dell’attività dell’archetipo tramite “intuizione e improvvisa e silenzio dell’emisfero destro” (D.Frigoli). Un tentativo per comprendere meglio questa differenza può essere fatto ascoltando le parole di Bachelard “le immagini sono frutto dell’immaginazione poetica che si serve dell’elemento naturale per crearle, ma tali immagini non riproduzono la realtà, vanno anzi al di là di essa”.
Il terapeuta, dunque, si costituisce come regolatore psichico e biologico (A. Shore) in quanto si situa come intermediario tra la malattia (conosciuta) e il significato (non conosciuto) della stessa. Lo strumento privilegiato dall’ecobiopsicologia, e che permette al tera peuta di entrare in questo rapporto, comprenderlo e modificarlo, è l’analogia con il suo potenziale euristico (pensare per ipotesi), sintetico (unire parti divergenti) ed evocativo (sospensione del giudizio logico in favore di un sentimento di stupore). L’analogia, dunque, permette di condensare il pensiero logico con i contenuti dell’inconscio. Attraverso “il pensare per analogia” il terapeuta può operare nella direzione di una mentalizzazione del mondo emotivo del paziente ricostruendone e integrandone le parti frammentate. Questo appare in modo evidente nell’ascolto delle storie (biografia) di molti pazienti che appaiono come frammentate e didascaliche, la funzione di ricostruzione riparativa poggia le basi, allora, in un continuo passaggio (una danza interattiva) tra emisfero destro ed emisfero sinistro e dal passaggio comunicativo ed emotivo continuo tra terapeuta e paziente.
Esiste, dunque, un rischio della psicoterapia e della scienza stessa legato proprio al primato della razionalità, alla parcellarizzazione del sapere e all’attaccamento al reale oggettivizzante? Esiste anche per lo psicologo una inconsapevole “caverna platonica”? Porsi la domanda permette già una dilatazione del campo e apre l’orizzonte alla formulazioni di ipotesi e alla vista di probabili scenari d’ombra. Di nuovo l’immaginazione assume qui un ruolo decisivo in quanto “funzione dell’irreale” opposta alla brutalità e all’inevitabilità del reale (G. Bachelard): sogni, sintomi e relative immagini vanno a far emergere, e spesso a creare,  quel campo simbolico tanto necessario per “la guarigione”. Come spiega Gilbert Durand, l’immaginazione ha un ruolo biologico, ovvero una “funzione fabulatrice” che si pone come una reazione della natura contro il potere dell’intelligenza, la quale  rappresenta cognitivamente l’inevitabilità della morte mantenendo tale informazione sempre nel campo di coscienza.
A questo punto, si può intravedere l’esistenza di un campo cosmico interconnesso che conserva e trasmette informazione, chiamato campo akashico,  e che registra in modo duraturo tutto ciò che accade (e che non è mai accaduto) nell'universo intero. Recenti scoperte della fisica quantistica hanno dimostrato che il campo-A non è un'astrazione teorica, ma una realtà fisica. Molte sono le domande che dalla quantistica si possono aprire sia in linea metaforica che rispetto ad una reale corrispondenza tra psicologia e meccanica quantistica. Nel momento in cui osserviamo un fatto psichico non rendiamo forse corpuscolo ciò che era ondulatorio? Esiste una corrispondenza tra fisica e mente come espressione di universi paralleli? La forza di gravità, ad esempio, offre una forse probabile e utile metafora. La gravità rappresenta nel mondo della fisica il tipo di interazione più debole ma, nonostante ciò, è quella che tiene attaccati esseri umani e oggetti alla Terra. L’effetto della gravità, nonostante la sua inferiorità rispetto alle altre forze, è possibile solo dal momento in cui le altre forze molto più forti (positive e negative) si bilanciano lasciando alla gravità il ruolo predominante; questo bilanciamento è naturalmente valido per tutto l’Universo (che altrimenti collasserebbe o si sgretolerebbe). La forza di gravità, però, non sembra essere influente nel mondo quantistico.
Forse anche per la vita psichica dell’uomo è necessaria l’esistenza di un equilibrio tra forze potenti che permetta un ancoraggio salvifico alla realtà? L’unico modo per superare questo ancoraggio “senza morire” è forse scendere nel mondo quantistico (sottile) attraverso l’immaginazione e il simbolo? Così commentava A. Einstein nel 1921 alcuni dati che sembravano mettere in crisi la sua teoria della relatività: “Sottile è il Signore, ma non malevolo”.

Bibliografia
Bachelard G., La poetica della reverie, Dedalo Libri, Bari 1972
Durand G., L’immaginazione simbolica. Il ritorno del simbolo nella società tecnologica, Red, Como 1999
Frigoli D., L’alchimia dell’anima. Dalla saggezza del corpo alla luce della coscienza, Edizioni Magi, Milano 2017
Frigoli D., Biava P. M., Lazslo E., Dal segno al simbolo, Persiani Editore, Bologna 2014
Ford K.W., Il mondo dei quanti. La fisica quantistica per tutti, Bollati Boringhieri, Torino 2006

*Dott.ssa Stefania Gioia, psicologa, psicoterapeuta