La paura come materia sottile al centro della vita
La paura come materia sottile al centro della vita
Una possibile lettura del rapporto tra Cuore e Reni
di S. Gioia*
L’osservazione e l’approfondimento clinico hanno suscitato in me una domanda riguardo al rapporto esistente tra due organi molto importanti: il cuore e i reni. La medicina sottolinea, con sicurezza scientifica, lo stretto rapporto tra salute renale e cardiovascolare; esiste, infatti, tra i due sistemi, una reciproca e significativa influenza (fattori specifici della malattia renale, infatti, possono mettere in pericolo il cuore e fattori specifici della malattia cardiovascolare possono contribuire a peggiorare la funzionalità renale) e una condivisione di alcuni fattori di rischio, come l'ipertensione e l'obesità.
Ho cercato, allora, di meglio comprendere, in un’ottica ecobiopsicologica, come si configurasse il rapporto tra i due organi. Attraverso il confronto tra medicina occidentale e medicina cinese ho tentato di avvicinarmi alla conoscenza dei legami e dei significati archetipici sottostanti e permeanti le funzioni corporee e psichiche espresse da cuore e reni. Il cuore nasce come organo deputato alla gestione del sangue all’interno del corpo permettendo la continuità delle trasformazioni che hanno luogo grazie alla doppia circolazione: una legata ai polmoni e al ricambio di ossigeno, l’altra legata alla distribuzione di ossigeno e sostanze nutritive a tutti i tessuti dell’organismo. Il cuore è considerato il “centro” del soma così come il regolatore del ritmo vitale dell’organismo attraverso la continuità del movimento sistole-diastole. Appare da subito evidente, dunque, la stretta relazione tra sangue e ossigeno: l’apparato circolatorio nasce e si sviluppa in stretta relazione a quello respiratorio poiché entrambi hanno come scopo comune quello di permettere un salto evolutivo, ovvero far sì che l’essere umano raggiunga gradi di complessità più elevati, rispetto alle forme viventi precedenti, tramite l’opportunità di utilizzare maggiori quantità di energia. L’apparato circolatorio è poi in stretta relazione con l’apparato digerente poiché il sangue prende corpo proprio grazie alla nutrizione. Secondo la Medicina Classica Cinese il cuore è legato al fuoco, all’estate, al calore e al moto di espansione. E’ definito “l’Imperatore” poiché ha il compito di unire l’uomo alle regole naturali e al Cielo, mantenendo quel legame di appartenenza al Cosmo; allo stesso tempo, il cuore ha anche il compito di guidare l’uomo a percepire l’unione con sé stesso, ovvero a riconoscere e seguire la strada del Sé archetipico, il cuore rappresenta, infatti, il “Programma di vita”, il destino individuativo di ciascun essere umano. Il cuore è l’organo correlato all’emozione della gioia. La Gioia è ritenuta un sentimento benefico e sintomo di una buona circolazione dell’energia ma, quando essa diviene eccessiva, lesiona il cuore. Il termine Gioia, in questo caso, può essere tradotto, utilizzando un linguaggio maggiormente psicologico e occidentale, nel concetto di euforia/maniacalità intesa come una sensazione accentuata di benessere e ilarità. La gioia non contenuta e il comportamento maniacale associato, infatti, si ricollegano clinicamente ai disturbi bipolari dell’umore, in un bilanciamento periodico tra stati depressivi, caratterizzati da irritabilità e nervosismo, e stati maniacali o ipomaniacali, caratterizzati da iperattività, estroversione e onnipotenza. Disturbi della regolazione emotiva e dell’umore si associano, inoltre, a difficoltà di socializzazione, disturbi d’ansia, ritiro sociale e dipendenze. Il cuore risulta dunque essere collegato al sistema di regolazione emotiva cuore – polmoni, proprio in virtù del bilanciamento tra gioia e tristezza (in medicina cinese il polmone è l’organo associato a tale emozione). Il cuore partecipa, però, alla regolazione di un altro sistema fisico ed emotivo. Dal punto di vista degli affetti il cuore è associato al terrore e al coraggio poiché partecipa, insieme ai reni, all’attivazione delle risposte alla Paura; il sistema cuore-reni attiva, anch’esso, una serie di risposte atte a mantenere l’omeostasi dell’individuo. I reni ricoprono, infatti, differenti funzioni legate all’omeostasi: regolano il volume dei liquidi nel corpo così come l’equilibrio elettrolitico e quello acido-base, permettono di espellere gli scarti del metabolismo e, infine, hanno un ruolo determinante nella produzione di ormoni collegati alle funzioni sessuali. Il rene, sempre secondo la Medicina Cinese, è legato all’acqua, all’inverno, al freddo e al moto del ritiro. Gli antichi avevano intuito, inoltre, nonostante la scarsità di prove anatomiche e scientifiche, il legame di questo organo con la sessualità, funzione che il rene esplica con la produzione ormonale (ghiandole surrenali) e la regolazione della pressione sanguigna gestendo, insieme al cuore, la potenza sessuale nei suoi vari aspetti. Per questo, esso è ritenuto il ministro della forza e della creatività ed è considerato la sede della forza ereditaria. Ad esso è legata la capacità di percepire la forza interiore così come di comprendere quando essa si sta esaurendo (stanchezza), ogni volta che un altro organo è iperattivato viene richiesta energia proprio al rene. Il rene viene correlato all’emozione della paura, sentimento associato, tra l’altro, alla mancanza di sostegno fisico e spirituale e assenza di coesione.
Il cuore, dunque, sembra essere realmente l’imperatore del corpo e della psiche, così come il rene pare espletare in modo ottimale il proprio ruolo di ministro delle acque regolando i liquidi corporei e depurando il sangue. Entrambi gli organi, così vicini all’essenza della vita, sono anche accomunati, come si è visto, dal nesso con emozioni legate alla polarità paura/vitalità. Il legame organo – emozione, come spiegato inizialmente, prende forma a partire da leggi archetipiche. Le conoscenze sopra riportate e derivanti della medicina orientale, infatti, si possono ritrovare come forme comuni prendendo come altro punto di vista la neurofisiologia moderna, nello specifico andando ad analizzare una delle più recenti teorie sulla regolazione emotiva: la teoria Polivagale di Porges. In essa, infatti, è evidente il legame tra i due organi e i nessi con la paura e il mondo emotivo, la sessualità e la sopravvivenza. Definita come “una teoria sul legame corpo-mente”, la teoria Polivagale spiega come avvengono le differenti reazioni fisiologiche dell’essere umano davanti a diverse situazioni, siano esse percepite come sicure o insicure, in una dialettica interattiva tra uomo (percezione e reazione) e ambiente (caratteristiche contestuali e relazionali).
Porges pone alla base della sua teoria un principio di organizzazione del sistema nervoso autonomo che attribuisce alla filogenetica la creazione di una gerarchia di risposte in reazione agli stimoli ambientali; secondo questo principio i circuiti più evoluti, dunque i più recenti, vanno ad inibire quelli primitivi (che non scompaiono ma permangono come possibilità di azione) e, solo quando questi circuiti falliscono la loro opera di difesa, allora i circuiti più antichi prendono il sopravvento e intervengono. A partire da questo modello del SNA si dipana una teoria che prevede, molto sinteticamente, tre possibilità di reazione, dalla più recente alla più primitiva. La prima risposta che il sistema nervoso attiva sarebbe, dunque, quella maggiormente complessa ed evoluta, essa prevede che, in condizioni di pericolo per l’integrità fisica o psichica del soggetto, il circuito ventrovagale informi il cuore, ottenendo un effetto calmante attraverso la riduzione dell’attività simpatica (attacco/fuga) e promuovendo attività di ingaggio sociale e promozione delle relazioni. Nel momento in cui questo meccanismo di difesa non dovesse avere effetto, entrerebbe in gioco una seconda modalità, offerta dal Sistema Nervoso Simpatico, che prevede reazioni di attacco/fuga. L’ultima possibilità è quella data dal nervo vago, filogeneticamente più antico e chiamato dorsovagale, che porta l’organismo a reazioni di immobilizzazione e collasso (comportamenti difensivi ereditati dai rettili ma potenzialmente letali per l’uomo). Il meccanismo di difesa più arcaico copre una gamma di reazioni che vanno da stati di rallentamento delle funzioni fisiologiche ad una vera e propria immobilizzazione (finta morte) con senso di ottundimento mentale, percezione di perdita del controllo, ipotonia muscolare, sguardo perso nel vuoto, bradicardia. Il freezing permette di attuare una dissociazione psichica che protegge momentaneamente il soggetto da un’attivazione neurofisiologica altrimenti eccessiva e distruttiva (situazione traumatica). Per la specie umana, l’immobilizzazione costituisce raramente la migliore difesa, soprattutto se diventa una modalità utilizzata abitualmente, tant’è che si possono ritrovare esempi di questo meccanismo nelle depressioni gravi, nei comportamenti psicotici e nello spettro autistico. L’attacco e fuga (reazione intermedia nella linea evolutiva) è una risposta di mobilizzazione che comporta, soprattutto se protratta nel tempo, grandi costi psico-fisici, poiché vengono alterati i livelli di produzione di cortisolo con serie conseguenze negative (ipertensione, disturbi del sonno, cefalea, depressione ecc.). Artefice principale delle reazioni attacco-fuga è proprio il rene. All’estremità superiore di ciascun rene sono poste le ghiandole surrenali, strutture che svolgono differenti funzioni, attraverso la produzione di ormoni. Il cortisolo, chiamato anche ormone dello stress, è uno dei prodotti principali del surrene e ha l’obiettivo di attivare la reazione di attacco/fuga. Nelle situazioni di questo tipo avviene un’iperattivazione del sistema cardiaco, caratterizzata da vasocostrizione e aumento della frequenza del battito cardiaco. La risposta data dal vago mielinizzato, la più evoluta, invece, prevede una serie di risposte fisiologiche inibenti l’iperattivazione, (ricerca di accudimento, interazioni faccia a faccia coordinate, autoconsolazione, miglioramento delle capacità di ascolto, espressività emotiva più marcata ecc.) le quali risultano, ad oggi, il miglior mezzo per ottenere sicurezza, tenendo conto proprio dell’analisi psicofisica tra costi-benefici. Tutte e tre le risposte fisiologiche e auto - regolative spiegate dalla teoria Polivagale vedono il cuore come protagonista e, mentre esso partecipa alla risposta adattiva, ne subisce allo stesso tempo gli attacchi. Interessante sapere che, in condizioni “ottimali”, il complesso del sistema vagale agisce nel suo insieme sfruttando entrambi i circuiti per mantenere il più possibile la situazione in sicurezza (attivazione del parasimpatico). Il circuito più recente, infatti, permette di fornire i meccanismi di comunicazione sociale come risposta adattiva alle situazioni attraverso fibre afferenti agli organi sopra-diaframmatici (muscoli del volto, della faringe, dei polmoni, del cuore) ed è determinante per la capacità di esprimere le emozioni con il volto, la voce, la prosodia e il respiro; il circuito più antico, laddove non agisce come risposta alla paura, ha comunque un ruolo decisivo nel mantenere l’omeostasi e il controllo delle funzioni viscerali di base attraverso le fibre afferenti agli organi sotto-diaframmatici: stomaco, intestino tenue, colon e vescica. Da qui si evince come l'importanza cruciale della sicurezza fisica e psicologica sia alla base della vita, tanto da essere dimostrata da molte teorie. La teoria dell'attaccamento di Bowlby, ad esempio, ipotizza un sistema di attaccamento motivante e innato che ha lo scopo di conservare un equilibrio tra sistema interno ed esterno all'individuo. Bowlby sembra riferirsi proprio all’utilizzo del circuito ventrovagale quando racconta di un bambino che, nelle situazioni di pericolo, cerca di mantenersi in prossimità delle proprie figure di riferimento, mettendo in atto comportamenti atti ad assicurarsi la vicinanza dell’adulto, come aggrapparsi o seguire. La ricerca di sicurezza non ha come unico scopo quello di garantire la sopravvivenza di ciascun essere vivente ma include la possibilità di assicurare la prosecuzione della propria specie tramite l’accoppiamento e la riproduzione. Garantirsi un erede (biologico o psicologico) sembra essere l'unico modo che l'uomo ha di lasciare al mondo qualcosa di sé, di proiettare sé stesso all'infinito e di vincere la morte, perpetuando così una sorta di immortalità fisica e simbolica.
La paura, così come gli organi che la incarnano, ha un forte legame con le origini della vita stessa e del suo mantenimento. Questo legame è facilmente intuibile se si pensa ai due liquidi strettamente correlati ai due organi: l’acqua e il sangue. Non potendo qui approfondire tali aspetti, è importante però, chiedere aiuto di nuovo alla teoria, per meglio comprendere la portata dell’informazione archetipica dei due organi. Le moderne teorie sulla nascita della vita parlano di un’origine non biologica (abiogenesi) e portano differenti ipotesi e sperimentazioni rispetto al formarsi delle condizioni che avrebbero portato alla nascita di sostanze organiche da materiale inorganico. Ciò che sembra dato per certo è che molecole organiche si siano originate a partire da materiale inorganico in soluzione acquosa: un sangue primitivo che ha poi trovato il proprio confine nella formazione delle prime cellule. Il legame tra acqua e sangue è, dunque, molto stretto e altamente significativo poiché l’acqua risulta essere il solvente, il materiale inorganico il soluto e il sangue la soluzione emergente e viva della trasformazione. Nello stesso modo in cui l’acqua ha servito la nascita della vita, il Rene serve il suo Imperatore, garantendo acque pulite e adatte alla creazione (metabolismo) e alla riproduzione (i reni, come accennato, hanno infatti un forte legame fisico e simbolico con l’apparato riproduttivo). La paura si costituisce, a questo punto, come un’emozione preziosa per il mantenimento della vita stessa e come reazione che ha trovato, nel corso della filogenesi, forma ed espressione nei differenti organi, a partire proprio dal Cuore e dai Reni.
Gli organi, infatti, non risultano solo essere investimento di proiezioni della psiche ma, da quanto emerge dalla moderna psicologia del profondo, sembra esistere “una specifica modalità della psiche di incarnarsi nell’organo” . Le forme del Cosmo, infatti, si modificano e si trasformano nel procedere dell’evoluzione e del tempo, emergendo come il risultato di funzioni archetipiche immutabili.
Bibliografia
Bonanomi F. (2012), Introduzione al Pensiero e alla Medicina Classica Cinese, Bellavite, Missaglia 2015
J. Dyson F. (1987), Origini della vita, Bollati Boringhieri, Torino 2002
Frigoli D., L’alchimia dell’anima. Dalla saggezza del corpo alla luce della coscienza, Edizioni Magi, Milano 2017
Huangdi Neijing Lingshu (1992), La psiche nella tradizione cinese, Jaca Book Spa, Milano 2012
Porges S., La Teoria Polivagale - Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell' attaccamento, della comunicazione e dell' autoregolazione, Fioriti Editore, Roma 2014
Sobotta J., Becherm H. (1988), Atlante di anatomia umana, USES, Firenze 1994
*Dott.ssa ssa Stefania Gioia, psicologa, psicoterapeuta