Manifestazioni dell'Androgino: la gender revolution e le nuove identità sessuali
Manifestazioni dell'Androgino: la gender revolution e le nuove identità sessuali
a cura di A. Monti*
Nella societa? moderna i ruoli sessuali sono cambiati e, di conseguenza, anche il rapporto fra assegnazione sessuale e percezione di se?, sia come processo sociale e collettivo, sia inerente la definizione dell’identita? di genere: essere maschio o femmina oggi e? qualcosa di molto meno stabilito socialmente di quanto avvenisse in passato, cosi? come per quello che riguarda gli altri ruoli, sia sociali, sia affettivi. Da questo contesto deriva il piu? recente concetto di identita? sessuale che nell’ambito della ricerca psicologica, sottolinea in modo sempre piu? chiaro il grado di influenza e interrelazione reciproca tra strutturazione e sviluppo della personalita? umana e contesto storico culturale.
E? stato lo psicoanalista americano R. Stoller, che negli anni sessanta ha definito l’identita? di genere come l'acquisizione conscia e inconscia di appartenere al proprio sesso e non all'altro. Il termine identita? di genere andava a distinguere l’anatomia dei genitali, dal complesso sistema di credenze che accompagnano l'identita? e il ruolo in cui soggettivamente e psicologicamente l’individuo si riconosce. Nella formazione dell’identita? di genere sono coinvolti vari fattori genetici e ambientali, intrapsichici e relazionali: le disposizioni innate a livello cromosomico ed endocrinologico, le influenze ambientali sul comportamento, l'assegnazione del sesso alla nascita in base all’aspetto dei genitali esterni, le differenze comportamentali innate legate al sesso. In particolare oggi l’identità sessuale ha alcune componenti fondamentali: il sesso biologico, determinato da una serie di fattori tra cui gli organi genitali, i cromosomi, le gonadi e gli ormoni; l’ identità di genere, ovvero il senso intimo, profondo, soggettivo di appartenenza alle categorie sociali e culturali di “maschio” o “femmina”; il ruolo di genere, cioè l’insieme delle attitudini e dei comportamenti, agiti all’interno delle relazioni con gli altri, che nell’ambito di un dato contesto socio culturale sono riconosciuti come propri dei maschi o delle femmine; ed infine l’orientamento sessuale, definito come l’attrazione erotica e affettiva per maschi, femmine, entrambi o nessuno dei due. Queste dimensioni, del tutto indipendenti tra di loro, portano negli ultimi tempi ad un allontanamento dal sistema binario maschio-femmina, a favore di una visione più “fluida” del concetto di genere, che in mezzo al polo maschile e a quello femminile trova una serie infinita di possibilità. Troveremo perciò definizioni di genere come cisgender (persona la cui identità di genere corrisponde al sesso biologico assegnato alla nascita), genderqueer (persona la cui identità di genere non è né maschile né femminile ma si trova in mezzo o aldilà dei generi), agender (persona che non si identifica con alcuna identità di genere), genderfluid (persona la cui identità o espressione di genere oscilla tra maschile e femminile o si colloca tra i due). Tra tutti il più conosciuto transgender è un termine ombrello, diventato di utilizzo comune per riferirsi ad un gruppo diversificato di individui che attraversano le categorie socio-culturalmente definite del genere (Bockting, 1999). Con la formulazione dei concetti di identità di genere e ruolo è stato possibile dare senso a tutte quelle esperienze precedentemente poco riconosciute o trattate solo psichiatricamente e di introdurre la disforia di genere che vuole sottolineare il vissuto di incongruità tra il sesso di nascita e le manifestazioni psicologiche e comportamentali dell’identità di genere.
Negli ultimi anni in Italia c’è stato un significativo aumento di attenzione rivolta alla “questione transgender”, in particolare rispetto alla salute mentale e ai diritti civili delle persone transgender, oltre al dibattito riguardo alla terapia medica dei sempre più numerosi adolescenti transessuali che richiedono un consulto medico e psicologico. Somministrare ormoni per bloccare la pubertà è quanto suggeriscono le linee guida internazionali per il trattamento della disforia di genere nell’adolescenza sulla base di un protocollo messo a punto dal Centro per la Disforia di Genere di Amsterdam, ma in Italia è vietato. Secondo i dati dell’ONIG (Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere) un adolescente su quattro, tra quelli che si rivolgono ai centri specializzati che propongono una presa in carico psicologica, persiste nella condizione e desidera concludere il percorso di cambiamento di genere, un altro 25% ritorna alla propria appartenenza di genere biologica anche dal punto di vista delle scelte sessuali mentre un buon 50% accetta il proprio corpo man mano che sviluppa la consapevolezza di un’identità omosessuale.
La disforia di genere in bambini e adolescenti costituisce una condizione molto complessa, poiché si associa spesso a difficoltà a livello emotivo e comportamentale ed è causa di una enorme sofferenza. Il disagio si traduce in desiderio di appartenere all’altro sesso, in abitudine a indossarne i vestiti, nella preferenza per giochi o amici del sesso con il quale il bambino e la bambina si identificano, nell’avversione per le caratteristiche e le funzioni sessuali del corpo.
L’attuale gender revolution ci riporta al tema dell’androgino e alle sue origini. In termini d'identità di genere, per quanto riguarda gli esseri umani, androgino è una persona che non si adatta perfettamente ai tipici ruoli di genere di mascolinità-femminilità della società in cui vive. L’androgino va distinto dall’ermafrodito, termine che indica la coesistenza, nello stesso individuo, delle gonadi dei due sessi. In psicopatologia si parla di “ermafroditismo psichico” quando si è in presenza di una destrutturazione o di una mancata costituzione di un’identità sessuale che non consente all’individuo di riconoscersi nei caratteri fenotipici della propria sessualità, con conseguente difficoltà ad assumere i ruoli che la società prevede per il maschio e per la femmina. Dell’ermafrodita parla anche Jung come di un simbolo della copresenza, in ciascuno di noi, delle componenti maschili e femminili che occorre mettere in relazione per un adeguato sviluppo psichico. Queste componenti opposte sono l’archetipo dell’Anima e dell’Animus descritti da Jung come rispettivamente il femminile che fa parte dell’uomo come sua femminilità inconscia e l’elemento maschile inconscio nella donna. Jung considera l’ermafrodita un simbolo rudimentale della totalità psichica del Sé perché esso “rinvia al Sé che racchiude e ordina tutti i contrari” (1946). L’ermafroditismo è la condizione preliminare di ogni essere umano che non ha ancora compiuto coscientemente il passaggio all’androginato; perciò se ragioniamo in termini junghiani ognuno di noi è ermafrodita per le sue doppie parti ma la coscienza dell’individuazione è l’androginato, per questo il Sé è visto come androgino.
In una varietà di miti cosmogonici compare l'essere unico androginico, esistente prima della separazione delle cose. Nell'area culturale occidentale l'esempio più famoso di tal concezione è il mito che Platone fa raccontare al commediografo Aristofane nel Simposio. Egli descrive l’origine degli uomini e delle donne da creature doppie, di cui esistevano in principio tre specie: la prima provvista di due organi maschili, la seconda provvista di due organi femminili e la terza, di carattere androgino dotata di entrambi gli organi, uno maschile e uno femminile. Essi, dotati di quattro mani, quattro gambe, due organi sessuali e due volti attaccati all’unica testa, erano terribili per forza e per vigoria. Per queste loro caratteristiche si ribellarono a Zeus, il quale decise di tagliarli in due, riducendoli a delle metà. Da questa divisione in parti nasceva il desiderio della primitiva unità, dalla quale deriva quella che Elémire Zolla (1989) chiama "l'umana nostalgia dell'interezza", mai placata, la radice e in qualche modo la costrizione all'amore.
Anche gli alchimisti dedicarono all’androgino, da loro chiamato Rebis (dal latino res bis, cosa doppia), un grande interesse perché quest’essere, unendo in sé il maschile e il femminile esprimeva e univa due delle infinite coppie di cui l’universo alchemico era costituito. Jung studiando il simbolismo alchemico ha messo in luce i rapporti che intercorrono tra alchimia e inconscio, individuando delle analogie tra i processi alchemici e i processi legati all’immaginario.
Alla luce di quanto finora esposto, tenendo in considerazione i diversi ambiti, l’ecobiopsicologia ci spinge a chiederci: in che rapporto si pone l’attuale gender revolution con la dimensione nell’ambito dell’alchimia o della psicologia analitica junghiana, che attraverso il concetto di androgino si porta verso l’archetipico?
Le varie fasi che portano al compimento della Grande Opera, l’opus alchemicum, avrebbero una corrispondenza con il processo che porta alla consapevolezza della propria individualità ed alla scoperta del proprio Sé. Secondo Jung infatti l'essere umano si trova ad essere contemporaneamente duplice, oscillante tra le due forze polari di una totalità, la quale cerca di ricostituirsi e superarsi, come ben espresso dall’androgino, l’archetipo della coincidentia oppositorum, ovvero coincidenza e superamento.
Bibliografia
E. C. Nealy; Transgender Children and Youth, W.W. Norton Company, New York, 2017
A. Moncelli; La disforia di genere nell’età evolutiva e il suo impatto psicosociale, Quaderni di cultura junghiana, Anno 4, numero 4, 2015
D. Frigoli, L’Alchimia dell’Anima, Edizioni Ma.Gi, 2017
G. Cavallari, D. Frigoli, D. Ottolenghi, E. Tortorici; La Forma, l’immaginario e l’uno, a cura di Diego Frigoli, Guerini Studio Editore, 1993
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C.G. Jung, Anima e Animus, in L’Io e l’inconscio (1928), In Opere, cit., 1983, vol. VII
U. Galimberti, Dizionario di Psicologia, L’Espresso, 2006
E. Zolla, L’androgino. L’umana nostalgia dell’interezza, Red Edizioni, 1989
* a cura della Dr.ssa Alessandra Monti, psicologa psicoterapeuta