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Nature versus Nurture: l'epigenetica porta a termine l'eterna sfida?

Nature versus Nurture: l'epigenetica porta a termine l'eterna sfida?
a cura di M. Ortuso*

 

A lungo la comunità scientifica ha discusso in merito al primato della genetica o delle cure ambientali sulla strutturazione della soggettività: noi siamo ciò che il nostro patrimonio genetico dice oppure siamo una tabula rasa su cui l'ambiente di crescita scrive una storia diversa ogni volta?

Le ricerche scientifiche hanno messo in luce come l'espressione genica è influenzata da elementi esterni: non basta possedere un determinato gene nel nostro genoma, esistono dei meccanismi che ne regolano la funzionalità, o meglio la possibilità di essere attivo o meno, di dare origine o meno a sintesi proteiche e reazione biochimiche nel nostro corpo.
Nasce negli anni '50 dello scorso secolo una nuova branca della biologia, l'epigenetica, che studia le interazioni tra  lo sviluppo embriologico e i fattori genetici. Il nostro fenotipo è determinato da fattori ambientali che hanno interagito con la presenza o assenza di geni e ne hanno modificato l'espressività. Oggi sappiamo che meccanismi epigenetici non solo influenzano i pattern di sviluppo durante la differenziazione cellulare embrionale, ma perdurano anche nella vita adulta. Esempi di fattori epigenetici per quanto riguarda la specie umana sono lo stato nutrizionale e lo stress materno durante la gravidanza, quest'ultimo a sua volta sovradeterminato da altri fattori di orgine psico-sociale.

Le modificazioni epigenetiche avvenute durante la vita uterina restano stabili nell'arco della vita: ciò che ci è accaduto durante la gestazione modifica meccanismi biochimici  a carico del nostro genoma, si scrive nella nostra struttura  fisica e soprattutto nella formazione della nostra rete neurale. Fortunamente i tratti epigenetici sono dinamicamente regolati e suscettibili a rimodellamento anche oltre il periodo della gestazione. Tratti epigenetici che interessano a noi psicoterapeuti ecobiopsicologici sono la neurogenesi e la neuroplasticità: la nostra rete neurale è determinata da formazione epigenetica, per tale ragione possiamo dire che siamo le nostre esperienze di interazione, lamarkianamente inscritte dentro di noi.

Come hanno dimostrato gli studi di Kandel (2007), i nostri circuiti neurali cambiano a seconda dei nostri apprendimenti e memorie: l'esperienza cambia il cervello, si generano nuove sinapsi, nuove vie di processamento e risposta agli stimoli. Le aree del cervello associate a memoria ed emozioni sono tra le più plastiche (Davidson, Jackson & Kalin, 2000) e ogni volta che generiamo un nuovo ricordo a lungo termine, sono sintetizzate nuove proteine che creano e rendono stabili altrettanto nuove connessioni sinaptiche.  Nell'ecobiopsicologia siamo interessati ai ricordi "procedurali" dei nostri pazienti, ovvero ai pattern di relazione e lettura del mondo che vengono denominati modelli operativi interni. Tali modelli vengono a costituire il regno della memoria implicita, ovvero di ciò che va al di là della nostra coscienza, ma che ne è la base fondamentale; potremmo paragonarli alle fondamenta di una casa: ciò che non si vede ma che regge tutta la costruzione. Come nascono questi modelli operativi, questi binari guida che seguiamo nella nostra vita di ogni giorno?

Sin dai primi mesi di vita, siamo in grado di astrarre prototipi e regole da esperienze ripetute, che diventano schemi prodecurali dell'essere-con-l'altro, guide del nostro comportamento interpersonale (Stern, 1985). Deficit di sintonizzazione nell'accudimento e micro pratiche corporee deficitarie (Downing, 2004) possono influenzare le risposte fisiologiche allo stress, la possibilità di autoregolazione delle emozioni, portando alla costruzione di schemi operativi, al di là della consapevolezza, caratterizzate da tonalità affettive particolari, come ciò che Jung diceva in merito ai complessi autonomi dell'inconscio. Queste memorie, sedimentante nei circuti cerebrali del sistema limbico, dei nuclei della base, della corteccia motoria e corteccia percettiva, definite implicite vengono a costituire un nuovo concetto di inconscio. L'inconscio o Implicito è il regno dell'informazione affettiva ed è IN-FORMATORE (Frigoli, 2016), ovvero dà forma, ai nostri processi decisionali, valutativi, di comprensione, di relazione e ai nostri comportamenti, ma anche dà forma al nostro sistema neurale.

Le nostre emozioni orchestrano epigeneticamente la formazione delle nostri reti neurali; memorie implicite immagazzinate da esperienze di attaccamento non sintoniche e ambivalenti  possono generare nel nostro fenotipo una serie di sintomatologie psicologiche, le quali in termini corporei si traducono in sintesi alterate di proteine, di neurotrasmettitori, di ormoni.

Come si possono modificare le memorie? Se volessimo usare una terminologia cognitiva potremmo dire attraverso processi di apprendimento (Kandel); l'apprendimento si traduce in termini epigenetici con la formazione di nuovi circuiti neurali. In psicoterapia, noi rievochiamo, ripetiamo e apprendiamo, non solo sul piano della cognizione, ma soprattutto nel piano delle emozioni. L'obiettivo della psicoterapia ad orientamento ecobiopsicologico deve essere quello di interagire con quelle memorie implicite, stonate e stonanti, attraverso un processo di apprendimento emotivo.  La relazione terapeutica diventa allora un campo di ri-apprendimento, in cui le nuove tonalità affettive riparano le dissintonie precedenti e si costruiscono nuovi elementi nel mondo implicito del paziente; tutto questo in termini di materia si traduce nella costituzione di nuove sinapsi. Nella stanza di analisi paziente e terapeuta sono legati in un'esperienza emotiva co-costruita, la quale va a modificare l'espressione genica nelle cellule neurali,  secondo un meccanismo epigenetico.

Studi di neuroimaging hanno evidenziato come la psicoterapia faccia aumentare i livelli del metabolismo del glucosio nelle aree limbiche. Come interpretare questo dato? Come una ristrutturazione delle aree stesse e quindi una possibilità diversa di vivere il mondo? Potremmo ipotizzare che in quei momenti che in psicoterapia si definiscono insight, inizino i meccanismi di neurogenesi e quindi di ristrutturazione della rete e dell'esperienza. Perchè questi nuovi circuiti diventino i soli usati per il processamento della realtà, è necessario una stabilizzazione della memoria emotiva, la quale può avvenire solo attraverso un processo di ripetizione. In psicoterapia, le esperienze emotive si ripetono a ogni seduta e solo questa ripetizione è il promotore e garante della nuova stabilizzazione epigenetica.

Cambiare è possibile e la psicoterapia ad orientamento ecobiopsicologico è un luogo di cambiamento e i meccanismi epigenetici ci spiegano perchè e come questo cambiamento avviene.

Bibliografia:
Cena L. e Imbasciati A., Neuroscienze e teoria psicoanalitica, Springer, Milano, 2014
Davidson R.J., Jackson D.C., Kalin N.H., "Emotion, plasticity context and regulation: perspectives from affective neuroscience", in Psychological Bullettin, Vol. 126(6), Nov. 2000, pag. 890-909
Downing G. et al., "Interactive regulation of affect in post-partum depressed mothers and their infants: an overview", in Psychopathology, 34(6), 2004, pag. 272-280
Frigoli D., Il linguaggio dell'anima. Fondamenti di ecobiopsicologia, Edizioni Magi, Roma, 2016
Kandel E.R., Psichiatria, psicoanalisi e biologia della mente, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2007
Ledoux J., Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, Baldini&Castoldi, Milano, 2014
Seung S., Connettoma. La nuova geografia della mente, Codice editore, Torino, 2013
Stern D., Il mondo interpesonale del bambino, Bollati Boringhieri, Torino, 1987
 

*Dr.ssa Mara Ortuso, Psicologa clinica, specializzata in psicoterapia ecobiopsicologica (Istituto Aneb)