Nuovi tabù: la Childfree
Nuovi tabù: la Childfree
a cura di M. Ortuso*
Una ricerca dell'Eurisko del 2015 ha messo in evidenza come le donne che scelgono di non avere figli si siano decuplicate rispetto alla prima metà del Novecento. Ma chi sono queste donne? La ricerca ne traccia un identikit dal punto di vista socio-demografico. Sono donne che spesso hanno un grado di istruzione medio-alto, una posizione lavorativa attiva, con una disponibilità reddituale medio-alta. Nel 40% dei casi sono donne senza partner, ma nella maggior parte sono donne che hanno costruito una coppia stabile, ma non hanno scelto di coniugare la vita di coppia con la maternità.
E' stata indagata la presenza di tratti psicologici ricorrenti: sono spesso donne dinamiche, aperte, amanti delle novità, che esplorano, con buone doti di leadership e di gestione, con svariate progettualità legate alla propria individuazione non focalizzata sulla vita domestica.
Durante il secolo scorso, il pensiero femminista ha imposto una riflessione sul ruolo della donna slegandola dal mero destino biologico di strumento riproduttivo. La donna per secoli non è stata vista come persona, ma sempre in funzione del ruolo che ricopriva, prima di figlia e poi di moglie e madre. La rivoluzione sessuale degli anni sessanta e settanta ha permesso la separazione dell'aspetto riproduttivo e questa ha donato nuove possibilità di relazione tra uomo e donna e di confronto con i temi della nascita e della morte e della genitorialità.
Per alcune donne diventare madre sembra essere una necessità, un desiderio personale più o meno mescolato al tentativo di aderire ad un modello sociale, per altre la maternità sembra un qualcosa da evitare, fino a ricorre ad azioni come la sterilizzazione fisica.
In una prospettiva ecobiopsicologica la maternità è espressione nel piano dell'infrarosso della funzione riproduttiva; la stessa funzione analogicamente può manifestarsi nel piano dell'ultravioletto: possiamo dire che una donna può dare vita a figli fisici o a figli psichici, ovvero a progetti, idee, pensieri. Eredità della società patriarcale è ancora il pregiudizio che una donna senza figli sia qualcosa di mancante, un ramo secco. Nella storia sono presenti da sempre figure femminili che non hanno figli: sacerdotesse pagane, sante della tradizione cristiana, streghe, artiste. La childfree non è solo un fenomeno della nostra società moderna etichettata come narcisista, esiste da sempre e allora dobbiamo indagarne il senso profondo per la coscienza. Anche nei tempi passati, l'Io di alcune donne sceglieva di non chiudersi in una relazione di cura con una singola creatura, per aprirsi ad un rapporto di tipo nutritivo e accudente con la comunità intera, diventando una madre nel piano del simbolico.
Il punto non è tanto la presenza di un figlio fatto di carne e ossa o la sua assenza, ma il percorso evolutivo della singola coscienza della persona. Ogni donna deve poter ri-narrare a se stessa la storia del proprio essere figlia, del rapporto con la propria madre reale e col materno interiorizzato, deve esplorare dentro di sè i propri vissuti rispetto al tema della cura, del legame, della dipendenza e dell'autonomia. Ogni donna deve esplorare il proprio rapporto con la funzione generativa, elemento archetipico della vita stessa, deve confrontarsi con il tema della nascita e della morte. I miti ci ricordano che è Diana, una dea vergine, la protettrice delle partorienti. Come riflettere ecobiopsicologicamente su questa immagine? Prima di essere madre, una donna deve nascere a se stessa, deve trovare una coniuctio tra la paura e il desiderio di dipendere, tra il bisogno di autonomia e quello di fusionalità, tra gli aspetti di attività e di passività, dentro di noi e nella relazione con l'altro e con il mondo. La donna per entrare in rapporto con il proprio potere creativo, generativo e nutritivo, deve tenere costante anche il rapporto con le proprie parti-diana, vergini, indipendenti, libere e "cacciatrici". Se riusciamo a costruire un rapporto fluido tra le opposte polarità, allora il nostro Io, figlio del nostro Sè psicosomatico, diventa padre, o meglio madre in questo caso, del nostro Sè, proseguendo passo dopo passo nel percorso della nostra individuazione (Frigoli, 2016).
Si può essere madri nel piano del corpo o madri simboliche di noi stesse, di progetti, o su entrambi i piani dell'infrarosso e dell'ultravioletto, non c'è qualcosa di giusto o sbagliato, solo storie psicosomatiche diverse, variabili espressioni umane delle potenzialità della vita. Quando però tutto si gioca non nel piano esplorativo e di rapporto tra conscio e incoscio, allora possiamo ricorrere ad agiti, i quali spesso investono il piano del nostro corpo. Pensiamo a una scelta come quella della legatura delle tube: con quali vissuti e fantasie un soggetto ha investito l'apparato genitale? Quale storia e quale senso dietro l'azione? Come terapeuti siamo chiamati ad astenerci dal giudizio personale, mentre è nostro compito condurre le nostre pazienti all'esplorazione del proprio rapporto con la funzione riproduttiva biologica e psichica, con il tema della fecondità e della generatività, sia nel piano infrarosso del corpo che nel piano dell'ultravioletto.
Nell'ecobiopsicologia l'obiettivo è quello di costruire narrazioni di senso della storia psicosomatica della persona, riconnettere i frammenti emotivi sepolti nel regno dell'Implicito con le parole della coscienza, perchè ciascuno possa compiere la propria individuazione e togliersi il velo di Maya dagli occhi, diventando autenticamente chi è e liberandosi di ogni tabù.
Bibliografia:
Leonardi P., Vigliani F., Perchè non abbiamo avuto figli, Franco Angeli editore, Milano, 2009
Maier fC., No kid. Quaranta ragioni per non avere figli, Bompiani,Milano 2008
Piazza M., Attacco alla maternità. Nuova dimensione, Portogruaro,2009
Sitografia:
www.lunadigas.com
www.childfree.net
*Dr.ssa Mara Ortuso, Psicologa clinica, specializzata in psicoterapia ecobiopsicologica (Istituto Aneb)