Simboli e immaginario: i Vampiri
Simboli e immaginario: i Vampiri
di M. Ortuso*
Il vampiro riempie da sempre con la sua figura l'immaginario collettivo di tutti i tempi: dalle ultime serie tv e saghe librarie, passando per il classico Dracula di Bram Stoker, tornando indietro nelle leggende del folklore fino alle mitologie dei popoli più antichi. Come ben ci insegna la psicologia analitica, dietro a tale figura possiamo scorgere temi relativi alle nostre strutture psichiche, personali e collettive, contenuti inconsci che fanno capolino alla coscienza e che chiedono di essere accolti. Chi o cos'è un vampiro? un essere ctonio, un morto non-morto, che continua a vivere in eterno nutrendosi del sangue di altri essere umani. Il vampiro, per come lo conosciamo oggi in Occidente trae spunto dalle leggende del folklore dell'Europa dell'Est, in cui uomini uccisi, tornavano a chiedere cibo ai vivi; questi, rifiutandosi di soddisfare le richieste fameliche dei morti, venivano poi uccisi a loro volta, con gravi perdite di sangue. Nelle culture più antiche, la caratteristica di bere il sangue umano era associata a esseri demoniaci o divinità: ad esempio l'indiana dea Kalì, ha zanne da cinghiale, collana di teschi umani e può nutrirsi di sangue; nell'antica Babilonia e Assiria abbiamo la figura di Lilitu, un demone che si nutriva di sangue di bambino, trasformato nella cultura ebraica nella figura di Lilith. Nei miti greci abbiamo la figura di Empusa, figlia della dea Ecate, la quale assumendo sembianze di donna seduceva uomini per bere il loro sangue. Esisteva poi la figura di Lamia, che di notte banchettava col sangue dei bambini, a fianco ai loro letti.
Il primo tema che ci richiama la figura del vampiro è la polarità vita-morte. Per la mente umana, la morte è sempre stata un mistero e pertanto si sono nei secoli susseguite simbologie e ritualità, aventi lo scopo di costruire un "contenitore" per tutti quei fantasmi e fantasie sul tema. L'anima che si staccava dal corpo fisico veniva accompagnata dai riti dei vivi al suo viaggio verso il nuovo stato e gli stessi riti dovevano essere protezione per i vivi rispetto a ipotetiche vendette delle anime defunte. Da un punto di vista psicoanalitico, potremmo ipotizzare che nella figura del vampiro siano proiettati i vissuti di ostilità e di paura dei vivi nei confronti della morte: i vampiri nei racconti di folklore sono infatti uomini morti, i quali tornano affamati e assetati di vita, della forza di eros che scorre nelle vene dei vivi, e non compiono quel passaggio alla vita ultraterrena, rimanendo incastrati a metà tra i due mondi.
Secondo il modello ecobiopsicologico, per accedere ai contenuti dell'inconscio possiamo servirci delle in-formazioni che il corpo ci dà. Il vampiro è legato al tema del sangue e alla funzione di questo. Il sangue è tessuto connettivo allo stato liquido, circola all'interno del nostro corpo grazie ad un complesso sistema di vasi, ha la funzione di garantire l'apporto di elementi nutritivi a tutte le nostre cellule e raccoglie i prodotti di scarto del nostro metabolismo, perchè siano eleminati dagli organi preposti. Inoltre, il sangue deve costantemente operare una correlazione, di tipo chimico, tra i nostri organi e tessuti e garantire che tutte le cellule siano connesse nella rete "corpo", oltre che potreggerle contro agenti esterni. Il sangue è incarnazione biologica di un principio vitale archetipico, può essere inteso come rappresentazione nel piano della materia di ciò che chiamiamo libido nel piano della psiche; la biologia ci ricorda che le perdite di sangue (emorragie) sono potenzialmente distruttive della struttura intera; pertanto sul sangue possiamo proiettare fantasmi di inconsci di angosce di morte. Nelle mitologie antiche le caratteristiche del vampirismo erano associate a demoni dalle sembianze femminili; il regno del femminile, grazie all'esperienza corporea delle mestruazioni, è da sempre più partecipe dei misteri del sangue e di quella danza eterna tra le forze di vita e quelle disgregative che si chiama trasformazione. Il vampiro è allora non solo proiezione delle paure rispetto al tema della morte, ma simbolo complesso di quel rapporto che la nostra anima intrattiene con i principi di eros e thanatos o della scissione che opera tra gli stessi. Se ci lasciamo suggestionare dalle etimologie, cosa sono le emozioni se non sangue (emo-) che si muove (-agere)? (Frigoli). Cosa sono le emozioni se non tessuto connettivo liquido tra la nostra coscienza e il nostro inconscio? Quale aspetto della nostra psiche interrompe tale connettività? Il vampiro ammalia, bacia, morde e succhia il sangue della propria vittima. Questi gesti richiamano alla nostra mente un tema di avidità orale insoddisfatta, un'aggressività primaria, per usare una terminologia psicoanalitica. Come ricorda Linda Leonard, nel suo "La via del matrimonio", la nostra anima, nel proprio percorso di individuazione può doversi confrontare con la figura dell'amante-vampiro, aspetto Ombra della persona talvolta proiettato sul partner reale di una relazione.
Il vampirismo diventa metafora di patologici legami vissuti dal soggetto, di una scissione interiore che lo sblocca. Il vampiro instaura una relazione di potere, mortifera, dove tratta un essere umano come un oggetto, rubandogli la forza vitale. Spesso, nelle relazioni del qui ed ora, le persone chiedono di veder curata la propria ferita narcisistica subita nel passato, finendo per ripetere un modello operativo interno doloroso, in cui l'altro non solo non è disponibile, come nelle primarie relazioni di attaccamento, ma diventa minaccioso e invasivo. Se pensiamo al ruolo di vittima e vampiro come posizioni interne della psiche dell'individuo, possiamo portare la persona a diventare cosciente di quella tendenza alla passività, a stare bloccato in una posizione di dipendenza, di una voracità affettiva che ha radici lontane nella storia individuale, rimossa e proiettata all'esterno da sè. La psiche individuale "perde" sangue, perde libido, perde energia vitale, stagnando in uno stadio individuativo. Come terapeuti ecobiopsicologici, infatti dobbiamo tenere a mente che dove viene messo in campo nell'immaginario la figura del vampiro, entriamo nella dimensione del sangue, molto "interna", profonda ed essenziale. Per analogia entriamo in un campo psichico dove manca nutrimento, manca la connessione tra gli elementi, manca la capacità di accedere al potenziale libidico e creativo. La terapia deve allora ricucire le antiche ferite, ancora sanguinanti, ovvero re-integrare i modelli operativi interni dissociati della persona, ripartendo da una dimensione di calda "trasfusione" emotiva.
Bibliografia
Frigoli D. , Il linguaggio dell'anima, edizioni Magi, Roma, 2016
Leonard L.S., La via al matrimonio, Astrolabio Ubaldini, Roma, 1987
*Dott.ssa Mara Ortuso, psicologa, psicoterapeuta